Lucie

Rubare mazzi di rose al cimitero per adornare la cameretta di un pensionato è un reato grave e inesplicabile. Ma così belli non li trovo da nessun’altra parte perché vivo una città di discordanze, nera di fumo, dove si intrecciano storie di devastazioni, di passate e incomunicabili violenze.

Sono una ragazza seria e inespressiva, originaria di Cheb, in Boemia occidentale, e lavoro in fabbrica dalla fine delle medie. Sotto il cielo del socialismo reale, e la corruzione delle diffidenza, e i residui di individualismo. Ho una ventina d’anni, ma contano molto di più perché non sono mai stata felice. I cimiteri mi piacciono, per la tranquillità, soprattutto. E anche perché da quelle parti si è smesso di aspettare l’amore.

Indosso un soprabitino marrone, dalla stoffa consunta, e i miei ricci sono acconciati in modo sciatto e disordinato da una messa in piega di paese. Eppure gli uomini dicono che l’ordinarietà del mio aspetto e la malinconica lentezza con cui mi muovo li intenerisce. Come il mio corpo triste, che provoca in loro un desiderio totale e inappagato. Ma nessuno riesce a toccarmi per davvero, né mi coinvolge la Storia. Le mie preoccupazioni sono quotidiane e senza tempo.

Sono come quest’estate verdenera, dove tutto sembra deragliare, essere stato solo uno scherzo tragico, un’età di errori irreparabili, di impossibili ritorni, di grottesche vendette, giocata sventuratamente di fronte alla stupidità del potere e nella dimenticanza di tutte le ingiustizie a cui nessuno rimedierà.

Milan Kundera – Lo scherzo

8 risposte a “Lucie”

    1. Se non leggi Kundera non puoi capire. Siamo in Cecoslovacchia nel 1967…

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      1. Ho letto qualcosa. Lo so, conosco la situazione storica. Ma leggerlo stasera mi ha messo malinconia per la percezione “dimessa” di Lucie, per il suo bisogno totale. Lo sapevo che in quel periodo persino i ristoranti dovevano servire gli stessi piatti, con lo stesso peso di alimenti, impiattando nello stesso modo? Ci sono cose incredibili…però Lucie, mi dispiace. Mi somiglia, somiglia alla me di prima in qualche modo. Per questo ho detto triste. Scusa, non è critica letteraria…

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      2. Sul personale non metto parola. Però questo suo grigiore esistenziale non lo vedo calato solo al tempo in cui fu scritto. E’ un topoi degli animi malinconici. Kundera fu un autore di culto per quelle generazioni, anche se oggi fa sorridere da un punto di vista “scenografico”

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      3. Forse lo sono di “quella generazione”, quando uscì
        L’insostenibile leggerezza dell’essere avevo vent’anni…ma l’ho letto più tardi, e sto adesso godendomi alcune cose che trovo più vere. Hai ragione, il suo grigiore esistenziale è contemporaneo in fondo. Pazienta con me, non sono una letterata, ma solo una amante della lettura, delle parole, del suono della lingua.

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      4. Nemmeno io sono un letterato, mi piace solo andare a fondo nelle cose.
        Pazienterò volentieri 🙂

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