Veramente i personaggi di un libro sono creature strane. Non hanno pelle né sangue né carne, hanno meno realtà di un dipinto o di un sogno notturno, non hanno sostanza che di parole, ghirigori neri sul foglio di carta bianca, eppure puoi intrattenerti con loro, conversare con loro attraverso i secoli, odiarli, amarli, innamorartene.
Ognuno di loro è depositario di certi elementari diritti, e sa farli valere. Se, una volta concepito il tuo homunculus, tu lo contrasti, se gli vuoi imporrre un gesto avverso alla sua natura o vietargli un atto che gli sarebbe congeniale, incontri una resistenza, sorda ma indubbia: come se tu volessi comandare alla tua mano di toccare un ferro rovente, o un oggetto che ti (che le) ripugna. Lui, il non-esistente, è lì, c’è, pesa, spinge contro la tua mano: vuole e disvuole, silenzioso e testado. Se tu insisti, intristisce. Si apparta, cessa di collaborare con te, di suggerirti le sue battute; perde corpo, diventa piatto, sottile, bianco. E’ carta, e ritorna in carta.
Primo Levi – L’altrui mestiere
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