Hans Schnier, Clown

Mi si può incontrare sotto ai portici della stazione di Bonn o nei corridoi della metropolitana, nascosto in una turba di dilettanti, la faccia bianca di trucco, il naso lungo, la giacca nera di tweed e un pullover azzurro. A chi me lo chiede, dico che sono lì per un incidente interiore e che faccio raccolta di attimi. Nell’attesa impossibile che torni una donna alla quale una volta scaldai le mani gelate nel cavo delle ascelle.

Subito dopo ti farò una smorfia. Per scacciare il mal di testa e la malinconia, e il pensiero della morte che sempre mi accompagna, perché per me morti sono i vivi e vivi i morti. Per allontanare l’aria viziata che mi circonda, la liturgia cattolica e borghese di cui non sono stato all’altezza, la stessa che percepivo attraverso i fili del telefono nelle familiari voci di una società abituata a risparmiare sulle coscienze, sui sentimenti e sulla memoria come sui conti in banca. La normalità del matrimonio mi fu interdetta, insieme all’ipocrisia falsabigotta dei miracoli economici e all’oblio del nazismo.

Ogni tanto qualcuno mi getta una monetina. In fondo, sono solo un “augusto”, il clown sciocco, il saltimbanco contestatore, eretico, e miscredente, “non iscritto nei registri anagrafici di nessuna chiesa”, quello che esce di scena con un inchino amaro e ringrazia per l’umanità del mondo.

Heinrich Boll – Opinioni di un clown

11 risposte a “Hans Schnier, Clown”

  1. Morti sono i vivi e vivi i morti: mi succede spesso sognando la notte.
    Vorrei che fosse sempre carnevale per vestirmi da clown. Il naso rosso mi piace tanto.

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    1. Già, un ribaltamento dei ruoli che è una benedizione

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      1. Mi manca.

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      2. Il carnevale dici?

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      3. Sì. Sono anni che non metto una maschera.

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      4. Anch’io. L’ultima volta tanti anni fa al carnevale di Venezia.

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      5. Ed eri vestito da Casanova?

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      6. No. Anche se Casanova è stato un mio chiodo fisso per anni. Insieme a Leopardi. Il dritto e il rovescio della stessa medaglia: lo stesso modo di prendere la vita dai lati opposti.

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      7. Che triste Leopardi! Il prossimo febbraio ci dobbiamo sentire e parlarne.

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      8. Andata per febbraio

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